edutecnica



Vettore induzione magnetica e campo magnetico

      

Il vettore induzione magnetica B [T] o [Wb/m2] può essere definito formalmente dalla relazione

già vista nella pagina sull'interazione tra il campo magnetico e la corrente elettrica. In questa formula, F è la forza che subisce il filo lungo l, attraversato dalla corrente i; disposto perpendicolarmente alle linee del campo.

Viene introdotto il vettore campo magnetico H [Asp/m] legato al vettore induzione magnetica B dalla relazione

Dove μ=μr·μo è il coefficiente di permeabilità magnetica;
μo =permeabilità magnetica del vuoto=4π·10-7 m·kg/C2
μr=permeabilità magnetica relativa: dipendente dal materiale
L'intensità del campo magnetizzante nell'aria (o nel vuoto) Ho misurato in amperspire/m [Asp/m], ha una espressione molto semplice che può essere ottenuta dagli esempi già visti.

1] Intensità di un campo magnetico Ho in un punto distante R da un conduttore percorso dalla corrente I.

    

2] Intensità di un campo magnetico Ho all'interno di un solenoide toroidale di raggio medio R, costituito da N spire percorse dalla corrente I.

     

3] Intensità del campo magnetico Ho all'interno di un solenoide di forma allungata, di lunghezza l e costituito da N spire, percorso dalla corrente I.

       

Induzione Magnetica
T [Wb/m2]

Campo magnetico H in Asp/cm e permeabilità magnetica mr

Ferro e acciaio dolce

Lamiere normali

Lamiere di silicio

Ghisa

Aria

B

H

µr

H

µr

H

µr

H

µr

H

0,10

0,7

1.140

0,45

1.775

0,8

1.000

2,0

400

800

0,20

0,9

1.780

0,5

3.200

1,0

1.600

4,5

355

1.600

0,30

1,0

2.400

0,6

4.000

1,25

1.920

8,0

300

2.400

0,40

1,2

2.660

0,7

4.570

1,45

2.200

13,0

246

3.200

0,50

1,4

2.860

0,9

4.450

1,6

2.500

20,0

200

4.000

0,60

1,7

2.820

1,3

3.690

1,8

2.630

28,0

171

4.800

0,70

2,2

2.500

1,7

3.290

2,0

2.800

40,0

140

5.600

0,80

2,7

2.370

2,3

2.780

2,5

2.560

55,0

117

6.400

0,90

3,2

2.250

3,3

2.180

3,1

2.320

80,0

90

7.200

1,00

4,0

2.000

4,7

1.700

4,0

2.000

110,0

73

8.000

1,10

5,0

1.750

6,3

1.395

5,0

1.760

150,0

58

8.800

1,20

6,2

1.550

8,0

1.200

7,0

1.370

200,0

48

9.600

1,30

8,5

1.230

10,5

990

12,0

867

 

 

10.400

1,40

12,0

930

13,5

830

23,0

487

 

 

11.200

1,50

20,0

600

18,0

567

40,0

300

 

 

12.000

1,60

35,0

365

31,0

413

75,0

171

 

 

12.800

1,70

60,0

226

32,0

262

140,0

97

 

 

13.600

1,80

100,0

144

90,0

160

240,0

60

 

 

14.400

1,90

160,0

95

148,0

103

 

 

 

 

15.200

2,00

250,0

64

300,0

53

 

 

 

 

16.000



Energia di magnetizzazione  

                                          

Per formare un campo magnetico occorre una certa quantità di energia che viene fornita dal circuito elettrico che lo ha generato.
Si può dunque esprimere l'energia per unità di volume accumulata nello spazio in cui il campo magnetico è apprezzabile:

             [ J/m3 ]

essendo un energia specifica, per unità di volume, l'energia totale vale E=w·V.



Tensione magnetica  

             

La tensione magnetica (in analogia alla tensione elettrica) calcolata lungo una linea chiusa che può essere anche coincidente con una linea di forza, è uguale alla sommatoria delle correnti concatenate con il percorso scelto. Cioè si può esprimere:

    [ Asp ]

Se in particolare la linea chiusa (di lunghezza l) è concatenata N volte con un circuito, ad esempio nel caso di un solenoide si ha:

             o più precisamente              [ Asp ]

Al termine NI viene dato il nome di forza magneto-motrice. (f.m.m.) essa si misura in amperspire.
Bisogna insistere sul termine 'linea chiusa' perché non ha senso parlare di percorso aperto, dovendosi verificare il concatenamento con le correnti , che a loro volta sono dovute a percorsi chiusi.



Circuiti magnetici  

                                          

Un circuito magnetico è un percorso chiuso in cui vengono concentrate le linee di induzione magnetica B. Sono circuiti magnetici i solenoidi toroidali, le colonne e i gioghi dei trasformatori.
Qui sotto è disegnato un circuito magnetico con due traferri che sono i punti più delicati, assorbendo una notevole quantità di amperspire; perciò i traferri vanno eliminati o ridotti al minimo indispensabile.



Legge di Hopkinson  

                                          

Consideriamo un circuito magnetico formato da più tronchi con sezioni, lunghezze, e permeabilità relative diverse; si può dimostrare che sussiste la relazione fra la f.m.m. NI e il flusso magnetico φ nel circuito, è dato da:

con l , μ ed S che sono rispettivamente, lunghezza, permeabilità e sezione del tronco. Al generico termine

     [ H-1 ]  si da il nome di riluttanza (del tronco)

E' importante contenere la riluttanza complessiva del circuito magnetico per richiedere a parità di flusso desiderato bassi valori di f.m.m. NI. La riluttanza dei traferri costituisce in genere il termine di gran lunga più grande di tutta l'intera riluttanza.
La legge di Hopkinson può anche essere riscritta, indicando con ℜT la riluttanza totale.

Nel caso di circuiti magnetici con tronchi in parallelo e serie-parallello, per il calcolo, valgono le stessi leggi analoghe ai principi di Kirchoff.
Si ha, ad un nodo magnetico:

cioè: la somma dei flussi entranti uguaglia la somma dei flussi uscenti.
Per ciascun percorso chiuso soggetto a più f.m.m. la loro somma algebrica uguaglierà la somma delle cadute di tensione magnetiche dei vari tronchi che formano il circuito chiuso in esame:

Nel caso di un elettromagnete, la forza (meccanica ) portante è espressa per i due poli dalla relazione

    [ N ]



Autoinduttanza  

                                          

Quando una corrente scorre in una bobina (o in un solenoide), viene prodotto nella bobina un flusso di campo magnetico variabile. Questo, a sua volta, induce una forza elettromotrice sulla bobina stessa. La forza elettromotrice indotta si oppone alla variazione di flusso che l'ha generata (legge di Lenz). Per esempio, se l'intensità di corrente che scorre nella bobina aumenta, il conseguente flusso in crescita induce una forza elettromotrice che si oppone alla corrente originaria tendendo a ritardare la sua crescita. Se l'intensità di corrente nella bobina, invece, diminuisce, il flusso è decrescente e induce una forza elettromotrice che produce una corrente con lo stesso verso di quella originaria, in modo da opporsi alla diminuzione.

Il flusso magnetico φ che passa attraverso N spire della bobina è proporzionale alla corrente (i) nella bobina; possiamo, così, viene definita l'autoinduttanza L (o induttanza):

             [ Henry] [H]=[Ω×s]

Di conseguenza la forza elettromotrice indotta in una bobina con autoinduttanza L, dotata di N spire diviene, per via della legge di Faraday :

        

L'intensità di L dipende dalla geometria e dalla presenza o meno di un materiale ferromagnetico all'interno della bobina.
L'autoinduttanza può essere definita per ogni circuito o per ogni parte di un circuito.
I circuiti, infatti, mostrano sempre una certa induttanza, che però, in genere, è molto piccola, a meno che non siano presenti nel circuito bobine con molte spire. Una bobina che possieda un' autoinduttanza L significativa viene chiamato induttore; nei diagrammi dei circuiti, l'induttore viene rappresentato mediante il simbolo.

L'eventuale resistenza che un induttore possiede, dovrebbe sempre essere rappresentata a parte (separatamente).
Gli induttori possono avere molte utili applicazioni, in genere, in un circuito elettronico, è meglio evitare che ci sia induttanza.
Un discorso diverso riguarda invece gli impianti elettrici domestici ed industriali.
In essi la presenza di induttori è palese e necessaria, infatti, se c'è un induttore c'è un campo magnetico e l'interazione tra campi elettrici e campi magnetici è indispensabile per produrre azioni meccaniche tramite i motori elettrici (lavatrici, macchine utensili etc..).
Nel caso di un solenoide di N spire l'autoinduttanza può essere espressa anche come



Mutua induttanza

                                          

Se due bobine sono disposte una di fianco all'altra, come disegnato sotto, una corrente variabile nella bobina 1 induce una forza elettromotrice nella bobina 2.

Si nota come il flusso concatenato nella bobina 1 è

per il discorso fatto sull'autoinduttanza

     mentre

        se definiamo

            

per cui è     

M21 viene chiamata mutua induttanza e mette in relazione la corrente sulla bobina 1 con la tensione ai capi della bobina 2.
M21 è una costante nel senso che non dipende dalla corrente i; essa dipende da fattori geometrici come le dimensioni , la forma, il numero di spire e la posizione relativa delle due bobine e anche dal fatto che esista un eventuale traferro.
Si può anche considerare la situazione inversa:

il flusso concatenato nella bobina 2 è   

      mentre

           si definisce

      

per cui è    

Si può dimostrare che M12=M21=M    e che vale la relazione

Un trasformatore è un esempio di mutua induttanza nel quale l'accoppiamento viene ottimizzato in modo che, praticamente, tutte le linee di flusso del campo magnetico passino attraverso entrambe le bobine.
I trasformatori sono apparecchiature che permettono di aumentare o diminuire una corrente alternata.

Un trasformatore è costituito da due avvolgimenti (o bobine) detti primario e secondario. Le due bobine possono essere intrecciate mediante un filo isolante oppure collegate attraverso un nucleo di ferro come disegnato sopra.
I trasformatori vengono fabbricati in modo tale che pressoché tutto il flusso magnetico originato dal circuito primario costituito da N1 spire passi attraverso il circuito secondario costituito da N2 spire. Se il flusso concatenato φ è lo stesso, per la legger di Faraday si avrebbe:

    

Un trasformatore ben progettato può avere un rendimento anche del 99% tuttavia la potenza elettrica trasferita al secondario non potrà mai essere maggiore di quella che si ha al circuito primario. Sapendo che la potenza elettrica è P=VI

       

Idealmente, nel caso di accoppiamento perfetto, (assenza di flussi dispersi) se L1 ed L2 sono le induttanze dei due avvolgimenti si ha

        in pratica, però       

con k che rappresenta il coefficiente di accoppiamento che può variare da 1 (massimo accoppiamento possibile) a zero (disaccoppiamento).



Ferromagnetismo     

                                          

Un campo magnetico può essere prodotto da materiali magnetici o da correnti elettriche. Materiali magnetici comuni sono i magneti ordinari , i nuclei di ferro dei motori e degli elettromagneti , i supporti magnetici delle memorie dei calcolatori e le strisce magnetiche delle carte di credito.

Un qualunque oggetto di ferro può essere trasformato in un magnete di forte intensità.
Questi materiali vengono chiamati ferromagnetici.
L'origine del ferromagnetismo può essere spiegata, infatti, le ricerche a livello microscopico hanno rivelato che un campione di ferro è diviso in regioni sottili dette domini magnetici ,o domini di Weiss le cui dimensioni in lunghezza e larghezza sono inferiori al millimetro . Ogni singolo dominio si comporta come un piccolo magnete con il suo polo nord e il suo sud. Un campione di ferro non magnetizzato contiene molti domini disposti in modo casuale,come illustrato nel disegno:

gli effetti magnetici dei singoli domini si annullano l'uno con l'altro e di conseguenza il campione di ferro risulta non magnetizzato. in un magnete, invece, i domini sono allineati prevalentemente lungo una direzione come mostrato nel secondo disegno (in questo caso sono tutti orientati verso l'alto).
E' possibile trasformare un campione di ferro non magnetizzato in un magnete immergendolo in un campo magnetico intenso.

Un magnete di ferro è in grado di rimanere magnetizzato per lungo tempo ,e per questo viene detto magnete permanente, se però si sbatte il magnete a terra o lo si prende a martellate si possono rimescolare i domini in maniera casuale in modo che il magnete perda in parte o del tutto le sue proprietà magnetiche.
Un magnete permanente può perdere il proprio magnetismo anche a causa di un riscaldamento.
L'innalzamento della temperatura accresce il moto di agitazione termica degli atomi aumentando la disposizione casuale dei domini.
Al di sopra di una certa temperatura (temperatura di Curie=1043°K per il ferro) il ferromagnetismo scompare del tutto .



Isteresi magnetica     

                                          

Il campo magnetico all'interno di un lungo solenoide è direttamente proporzionale alla corrente che vi scorre , infatti è

Questa formula è valida solo se all'interno del solenoide è presente il vuoto o l'aria. Se inseriamo nel solenoide un materiale ferromagnetico, il campo verrà enormemente accresciuto.Questo in conseguenza del fatto che i domini presenti nel materiale ferromagnetico risulteranno allineati a causa dell'esistenza del campo magnetico esterno. Il campo magnetico risultante può essere espresso come

Bo è dovuto alla sola presenza della corrente nel solenoide (campo esterno) mentre BM è il campo addizionale dovuto alla presenza del materiale ferromagnetico; risulta BM >>Bo .
In modo più sintetico si potrà scrivere

Introducendo la permeabilità magnetica μ=μo·μr prototto tra la permeabilità magnetica assoluta e la permeabilità magnetica relativa, caratteristica del materiale ferromagnetico.

Le misure sulle proprietà dei materiali ferromagnetici vengono eseguite solitamente usando un solenoide toroidale.
Supponiamo che il nostro solenoide contenga inizialmente un nucleo di ferro non magnetizzato e che nelle sue spire non scorra corrente. Se aumentiamo lentamente la corrente I, Bo cresce lentamente con I. Anche il campo totale B, aumenta seguendo però la linea curva illustarata nella figura .

Nel punto (a) del grafico, i domini del materiale, sono orientati casualmente.
Al crescere di Bo i domini cominciano ad allinearsi sempre di più fino a raggiungere la situazione relativa al punto (b) ferro sta per raggiungere la saturazione. Nel punto (b) dove sono tutti allineati, raggiungendo in questo modo la saturazione.
Si nota come la scala di grandezza di B sia molto maggiore di quella di Bo (circa mille volte più grande).
Supponiamo poi di ridurre il campo esterno Bo facendo diminuire la corrente che diventerà nulla nel punto (c).
L'orientamento dei domini non tornerà completamente casuale, un certo magnetismo continua ad esistere.
Invertendo il senso della corrente possiamo portare il materiale alla situazione iniziale di completo disordine (d) in modo che sia B=0.
Se questa corrente inversa continua a crescere il ferro tenderà a raggiungere la saturazione in direzione opposta (e).
Infine riportando la corrente a zero e facendola di nuovo crescere nel senso originale il campo totale seguirà il cammino (efgb) raggiungendo di nuovo la saturazione nel punto (b).

Il fenomeno sopra descritto viene chiamato isteresi magnetica. La curva (bcdefgb) è chiamata curva di isteresi. Un materiale ferromagnetico può essere completamente smagnetizzato attraverso una inversione ripetuta della corrente, accompagnata da una sua progressiva diminuzione