edutecnica

Funzioni di due variabili

        

Consideriamo due insiemi A e B di numeri reali con x ed y due generici elementi dell'insieme A,
mentre z , appartiene ad un insieme B.

Se esiste una legge che faccia corrispondere ad ogni coppia x∈A, y∈A uno ed un solo valore di z∈B si dice che la variabile z è funzione delle variabili indipendenti x ed y e si scrive:

       in forma esplicita o

   in forma implicita

L'insieme A delle coppie di valori x,y (variabili indipendenti) viene chiamato insieme o dominio di esistenza, l'insieme B dei valori della variabile dipendente z è il codominio della funzione.

Mentre l'intervallo di esistenza di una funzione ad una sola variabile può essere considerato come un insieme lineare di punti, per le funzioni a due variabili può considerarsi come un insieme piano di punti in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale.

Fissato questo sistema di riferimento , ogni coppia di valori x,y individua un punto T sul piano Oxy.

Ogni punto T appartenente all'insieme di esistenza della funzione , corrisponde ad un punto P che ha per proiezione ortogonale sul piano Oxy il punto T la cui quota rispetto a tale piano è z=f(x,y).

Si intuisce come la rappresentazione geometrica di una funzione a due variabili non sia altro che una superficie nello spazio, luogo dei punti le cui coordinate x,y,z soddisfano la z=f(x,y).

 

 


Derivate parziali

        

Consideriamo sempre la funzione z=f(x,y) definita nell'insieme piano A con T(xo,yo) un punto interno ad A. Supponiamo di mantenere costante il valore di y su yo: ne risulta una funzione ad una sola variabile x z=f(x,yo) adesso calcoliamo la derivata prima di questa funzione : attribuito un incremento Δx ad xo tale che il punto (xo+Δx,yo) sia ancora all'interno del dominio di esistenza A, scriviamo il rapporto incrementale

e calcoliamo il limite di tale rapporto per Δx tendente a zero, se esiste questo limite, si chiama derivata parziale della f(x,y) rispetto ad x nel punto considerato e si indica     

per un generico punto

quindi per calcolare la ∂f/∂x si considera nella z=f(x,y) la y come costante e si deriva la f(x,y) rispetto ad x.

derivate parziali

 

Volendo dare dare un significato geometrico a queste operazioni, si può osservare come la f(x,y) è rappresentata dalla superficie S nello spazio tridimensionale e ponendo y=yo si individua la curva ζ intersezione tra la superficie S e il piano y=yo parallelo al piano zx.
La curva ζ ha equazione z=f(x,yo) dove z varia solo al variare di x e la ∂f/∂x in T(xo,yo) è la tangente trigonometrica dell'angolo che la retta tangente alla curva ζ nel punto P[xo,yo,f(xo,yo)] forma con la retta y=yo del piano xy.

In modo analogo si definisce derivata parziale della funzione f(x,y) rispetto alla variabile y, mantenendo costante la x (x=xo) e costruendo il rapporto incrementale relativamente a (xo,y)

se esiste il limite di questo rapporto per Δy → 0 esso si chiama derivata parziale della f(x,y) rispetto ad y e si indica

  Esempio  :    

con y costante       

con x costante       


Derivate parziali di secondo ordine

     

Se la funzione z=f(x,y) è definita in un insieme A e ammette derivate parziali sia rispetto ad x che rispetto ad y, queste ultime, sono ancora in genere funzioni di x ed y.

e ammesso che esse siano definite in un punto dell'insieme A, ciascuna di loro potrà ammettere derivata parziale rispetto ad x e ad y in ogni punto di A. Queste possiamo chiamarle derivate parziali seconde. Possono dunque essere ottenute quattro derivate parziali seconde che indichiamo:

Si dimostra che per tutte le funzioni z=f(x,y) definite in un insieme A che ammettono derivate seconde miste , continue rispetto a ciascuna delle due variabili si ha:

Questo è il criterio di Schwarz chiamato anche criterio dell'inversione dell'ordine di derivazione.


Differenziale Totale

       

Se z=f(x,y) è una funzione a due variabili definita nell'insieme piano A che amette derivate parziali sia rispetto ad x che rispetto ad y, ipotizziamo che Δx e Δy siano gli incrementi delle due variabili indipendenti tali che
x+Δx ∈ A
y+Δy ∈ A

Chiamiamo differenziale totale della funzione f(x,y) nel generico punto x,y l'espressione

La variazione Δf subita dalla funzione f(x,y) nel passare dal punto (x,y) ∈ A al punto (x+Δx, y+Δy) ∈ A
al tendere a zero degli incrementi Δx e Δy, tende ad identificarsi con il differenziale totale; cioè per Δx → 0
e Δy → 0 si ha ε1 → 0 ed ε2 → 0

si ha in definitiva:



Massimi e minimi

       

Condizione necessaria affinché la z=f(xy) abbia un massimo o un minimo è

Se in corrispondenza di un punto (xo,yo) sono soddisfatte queste equazioni, tale punto viene denominato punto critico.
Bisogna poi, valutare il determinante hessiano

1) (xo,yo) è un punto di massimo relativo se H(xo,yo) > 0 e   

2) (xo,yo) è un punto di minimo relativo se H(xo,yo) > 0 e    

3) Se H(xo,yo) < 0 il punto (xo,yo) non è ne di massimo ne di minimo, esso è un punto di sella.

4) H(xo,yo)=0 non si può dire niente sull'andamento della funzione in quel punto, per arrivare ad una conclusione, occorrono ulteriori approfondimenti.